Ci avevano preannunciato che la Relazione della Corte dei Conti sul CIRA fosse dura, anzi durissima.
La lettura integrale del testo lo conferma.
Riportiamo una parte significativa del testo di cui forniamo il link.
“Ancor più censurabili appaiono le previsioni del Piano Annuale 2019 che addirittura prevede per “progressioni di carriera del personale: euro 100.000,00” e per non meglio precisati “interventi retributivi del personale: euro 30.000,00”. Il che non solo stride con i ripetuti richiami contenuti anche nelle precedenti relazioni della Corte dei conti circa la necessità di ridurre i costi di personale, ma anche con la fragilità delle assunzioni economico-finanziarie poste alla base del Piano annuale, che si scontrano con la perdurante limitatezza dei ricavi da fonti terze, penalizzati dall’ancora limitato utilizzo degli impianti per commesse esterne, e con le gravi incertezze prospettiche nelle quali versa il CIRA in assenza di approvazione di un nuovo Pro.R.A. e nell’esaurimento del vecchio Pro.R.A. Inoltre, la società non ha ancora provveduto a dotarsi di una regolamentazione e dotazione organica, che mappi e regolamenti fabbisogni e posizioni organiche, relativi requisiti e criteri di accesso nonché di definizione del trattamento economico, anche in considerazione della disciplina di impronta pubblicistica prevista dal d.lgs. 19 agosto 2016 n. 175 Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica, come già raccomandato nella precedente relazione relativa all’esercizio 2016. Dette assunzioni e progressioni non appaiono nemmeno in linea con il Regolamento per le assunzioni e gestione del personale da ultimo approvato dal Consiglio di amministrazione in carica, il cui art. 12 a sua volta richiama il comma 4 dell’art.11, che fa riferimento al “Sistema permanente di valutazione del merito e della produttività collettiva e individuale”, la cui mancata approvazione da parte del CdA preclude al CIRA l’esperimento di progressioni di carriera del personale e di non meglio precisati interventi retributivi in aumento, che sono ad ogni modo preclusi, anche ai sensi del comma 3 del citato art. 11, anche dalla mancata approvazione di un piano triennale aggiornato che ne definisca il quadro finanziario, essendosi, infatti, già evidenziato come l’ultimo Piano Triennale approvato, per il periodo 2018-2020, sia da ritenersi superato non soltanto nella cronologia ma anche nei contenuti strategici e nel quadro finanziario, essendo stata non soltanto non approvata la proposta di aggiornamento Pro.R.A. del 28 febbraio 2017, sulla quale poggiava – sia sotto il profilo industriale che sotto il profilo finanziario – l’intero costrutto alla base del Piano Triennale, ma addirittura essendo stata quella proposta sostanzialmente abbandonata, come reso evidente anche dalla recente istituzione presso il MIUR del gruppo di lavoro costituito ad hoc per supportare la definizione di una nuova proposta di aggiornamento del Pro.R.A.. Il CIRA ha proceduto nel 2018 ad assunzioni di personale, delle quali si è riferito dettagliatamente nel capitolo 3. In proposito non può tralasciarsi che il ripiano del personale cessato con nuove assunzioni, sia pur a tempo determinato, non appare in linea con la necessità, segnalata anche nelle precedenti relazioni della Corte dei conti, di procedere a una riduzione del costo del personale, principale voce di spesa, la cui incidenza sull’ammontare complessivo dei costi di produzione risultanti dal bilancio 2017 è invece addirittura cresciuta, portandosi al 56,5 per cento (53 per cento nel 2016). Nemmeno può tralasciarsi l’illiceità – sanzionata a pena espressa di nullità dei relativi contratti, ferma restando la responsabilità di coloro che vi danno causa – di assunzioni che vengano effettuate in violazione del principio di selezione pubblica, sancito oramai a chiare lettere dall’art. 19 del Testo unico n. 175 del 2016 (attuativo, in parte qua, dell’art. 97 Cost.). Appare, inoltre, ingiustificato l’intento di assunzione di una unità, con contratto a tempo determinato, “in sostituzione del Direttore generale dimissionario nel febbraio 2019”, essendo egli destinatario di un incarico ad hoc quale esponente aziendale piuttosto che come lavoratore dipendente. Non può che ribadirsi in argomento che la fuoriuscita di personale (per pensionamenti o altre cause di cessazione del rapporto di lavoro) rappresenta una occasione di riequilibrio finanziario strutturale che, nel contesto finanziario e normativo critico e incerto già evidenziato, non può non essere colta da una società che continua a vedere anche nel 2017 la composizione delle proprie risorse finanziarie per oltre tre quarti sbilanciata su quelle di matrice pubblica (80 per cento, delle quali il 75,5 per cento rappresentate da risorse Pro.R.A., dati sostanzialmente analoghi a quelli del 2016). Si ribadisce, inoltre, che uno dei dirigenti della Società, pur cessato dall’incarico di Direttore generale in precedenza rivestito, continua a percepire, in forza di un accordo stipulato con il Presidente pro-tempore in esito a un deliberato consiliare del 17 ottobre 2014, il precedente trattamento economico di 160.000 euro lordi che gli era stato attribuito nel 2011 in specifica considerazione delle più elevate funzioni e responsabilità – poi venute meno – di Direttore generale. In proposito la “necessità di promuovere un’azione di responsabilità (con connessa richiesta di risarcimento dei danni)” nei confronti degli organi aziendali pro-tempore, è stata già espressa in un parere legale esterno in data 29 marzo 2018. Vanno poi evidenziate alcune specifiche componenti delle spese di personale che suscitano non trascurabili perplessità giuridiche: si tratta, in particolare, di un distacco presso il MIUR, in Roma, che è in essere dal 2009, il cui costo per il CIRA ammonta a circa euro 148.000 annui, sostanzialmente il doppio dei costi che graverebbero sul CIRA a causa di riconoscimenti economici attribuiti ad personam al dipendente interessato, in assenza di distacco (circa 77.000 euro annui). Sul punto si è riferito dettagliatamente nel capitolo 3. Gli esborsi eccedentari erogati al dipendente in questione si appalesano pertanto non dovuti, con susseguente necessità di recupero, la cui tempestività ed efficacia costituisce oggetto di specifica personale responsabilità dei competenti organi e uffici societari, tenuto conto del fondamentale principio di omnicomprensività del trattamento economico dei dipendenti pubblici e degli organismi in mano prevalentemente pubblica (d.lgs. n. 175 del 2016), a fortiori laddove, come nel caso del CIRA, affidatari della gestione di risorse pubbliche a destinazione vincolata, come sono le risorse Pro.R.A., che vieta l’attribuzione a singoli dipendenti di spettanze economiche aggiuntive che, come nel caso, non abbiano alcun fondamento normativo o di contrattazione collettiva. Emerge poi un non trascurabile ricorso da parte del CIRA all’apporto di professionisti esterni (nel 2017 circa 230mila euro hanno riguardato i soli incarichi di consulenza legale, mentre oltre 180mila euro si riferiscono a incarichi esterni per attività in campo amministrativo, fiscale, di internal audit e risk assessment), che è invece consentito soltanto in costanza di una oggettiva impossibilità di fare fronte alle esigenze aziendali con il personale in servizio. Censurabile appare poi il ricorso al lavoro somministrato, per ben 143.000 euro per esigenze ordinarie della società, anche alla luce dei ripetuti richiami contenuti nelle precedenti relazioni della Corte dei conti in merito alla necessità di perseguire un’efficace riduzione degli ingenti costi di personale. Trattasi di costi che, nella misura in cui si riferiscono a prestazioni che ben avrebbero potuto, nonché dovuto, essere assolte da personale in servizio, sono da ritenersi indebitamente posti a carico dell’azienda, e quindi dei finanziamenti Pro.R.A. che ne costituiscono la preponderante risorsa finanziaria. Infine, va segnalato che, a seguito della modifica statutaria del 20 dicembre 2016, è stato dimezzato il termine di convocazione del CdA del CIRA, portato da 10 a 5 giorni. Tale modifica ha avuto l’effetto, censurabile, di abbattere il tempo realmente disponibile agli esponenti aziendali e agli organi di controllo per l’esame della copiosa e complessa documentazione – sovente di elevata specificità e complessità tecnica e con delicate e articolate tematiche giuridiche e consistenti implicazioni finanziarie, considerata la specificità dell’attività del CIRA – che è oggetto delle delibere consiliari: il che è suscettibile di ostacolare in misura significativa l’assunzione di decisioni adeguatamente ponderate e realmente consapevoli da parte degli esponenti aziendali e di pregiudicare un esercizio pieno ed efficace delle prerogative degli organi di controllo. Il CIRA ha proceduto nel 2018 ad assunzioni di personale, delle quali si è riferito dettagliatamente nel capitolo 3. In proposito non può tralasciarsi che il ripiano del personale cessato con nuove assunzioni, sia pur a tempo determinato, non appare in linea con la necessità, segnalata anche nelle precedenti relazioni della Corte dei conti, di procedere a una riduzione del costo del personale, principale voce di spesa, la cui incidenza sull’ammontare complessivo dei costi di produzione risultanti dal bilancio 2017 è invece addirittura cresciuta, portandosi al 56,5 per cento (53 per cento nel 2016). Nemmeno può tralasciarsi l’illiceità – sanzionata a pena espressa di nullità dei relativi contratti, ferma restando la responsabilità di coloro che vi danno causa – di assunzioni che vengano effettuate in violazione del principio di selezione pubblica, sancito oramai a chiare lettere dall’art. 19 del Testo unico n. 175 del 2016 (attuativo, in parte qua, dell’art. 97 Cost.). Appare, inoltre, ingiustificato l’intento di assunzione di una unità, con contratto a tempo determinato, “in sostituzione del Direttore generale dimissionario nel febbraio 2019”, essendo egli destinatario di un incarico ad hoc quale esponente aziendale piuttosto che come lavoratore dipendente.”